Intervista a Lando Buzzanca
Nel 2005 intervistai Lando Buzzanca per gli extra del dvd americano de "All'Onorevole Piacciono Le Donne", di Lucio Fulci.
Fu una bella intervista perché lui fu proprio bravo. Tempi perfetti, risposte spesso per niente banali, grandi capacità di intrattenitore... Ma d'altronde da Lando Buzzanca non era lecito aspettarsi niente di meno.
Pubblico qui per la prima volta la trascrizione della nostra intervista in versione integrale, esattamente come è stata registrata, nuda e cruda.
Come ha conosciuto Lucio Fulci? Non l'avevo mai conosciuto prima. Certo, sapevo chi fosse, naturalmente, ma non l'avevo mai incontrato. Quando mi presentarono il copione il film si chiamava "L'Onorevole Piace Alle Donne", si chiamava così in un primo momento, ed era un po' diverso. Era sempre una satira politica tremenda sull'esercito, sui Carabinieri, sulla Polizia, sul Vaticano… Insomma, una cosa proprio forte… Tant'è vero che nel film è rimasto il Cardinale che mentre prega Dio è disteso davanti all'altare, si arrabbia perché lo disturbano e dice "Cristo!" sbattendo il pugno sul pavimento. Era una cosa che non si era mai vista prima! Io quindi non lo conoscevo. Il film dopo si cambiò, e si cambiò la trama, perché io avevo un contratto con un produttore che voleva farlo e poi per una cretinata assurda - adesso non mi ricordo neanche più come si chiamava, che poi penso anche sarà morto, sì, sì penso proprio di sì, si parla di 35 anni fa, era già anziano e malato all'epoca - , per una cretinata perché sul contratto c'era scritto che io avevo diritto ad una macchina personale che mi venisse a prendere dal set a casa e dalla casa al set e lui si era rifiutato di darmela.
Ma cose da pazzi! Ma come? È sempre stato così! Gliel'hanno sempre data! Eppure chissà perché, per quale motivo… forse si era sentito…
A me è servito per guadagnare un po' di più perché il contratto con l'altro produttore che era della FIDA che si chiamava…oh Dio mio…
Edmondo Amati.
Sì, Amati… Edmondo. Mi sono fatto dare un po' di più perché gli ho detto "Mi devi dare un po' di più perché quel contratto là gliel'avevo regalato perché mi faceva pena il produttore".
Con Amati c'eravamo incontrati prima perché io avevo fatto una parodia di James Bond, anzi due, e lui voleva fare la terza, quattro o cinque anni prima, e mi ricordo che mi aveva buttato davanti il blocchetto degli assegni e mi disse "Mettici la cifra e io firmo". Ed io non l'ho voluta fare un'altra parodia, non volevo fare parodie, volevo fare i miei film.
Questo era l'antefatto, diciamo, e poi siamo partiti col film.
Com'era Fulci sul set?
Il film è girato da Dio.
Una cosa che mi aveva stupito di Fulci (che io non conoscevo, lo ripeto) era che faceva una battuta, una battuta e mezzo o due battute, e poi stoppava. Faceva dell'altro e poi tornava. Ad un certo punto io ho detto: "Fammi fare una scena completa" anche perché io ero abituato alle scene complete e mi piaceva l'idea di poter raccontare una scena completa e poi poter raccontare i dettagli, quello che si fa adesso, per esempio, anche per risparmiare tempo. Lui mi ha accontentato ed io ero più contento, mi sentivo più attore. Come facevo io, come mi aveva fatto fare agli inizi, poteva essere un generico qualunque a farlo, a dire "bla bla bla bla". Mi sentivo senza emozione e senza motivazione. Invece con tutta la scena continua già mi sistemavo. Però mi piaceva come guidava.
Avevo visto (io abituato con Germi, in quel periodo con Vicario, Marco Vicario con cui avevo fatto "Il Prete Sposato" e "Homo Eroticus") il modo in cui giravano gli altri ed apprezzavo forse di più come lavorava Fulci - certo, non come quanto apprezzassi Germi - ma mi piaceva molto. Aveva una grande padronanza della macchina e non aveva dubbi su come cominciare un'inquadratura, mai.
Il Suo make-up nel film non è casuale. Lei era truccato per assomigliare a un noto ministro dell'epoca..
Il film raccontava quello che tutti sappiamo. Io alla fine ero truccato come Colombo, un ministro dell'epoca. Dopo 25 anni, quasi 30, praticamente 7 anni fa ho incontrato Colombo ad Ischia. Aveva salutato tanta gente, aveva salutato pure me ma non mi aveva riconosciuto. Qualcuno allora gli ha detto: "Ma sai che c'è Buzzanca?" e lui (con tono allarmato) "Dov'è? Dov'è?". Io allora gli dico "Ma mi ha appena salutato, Onorevole!", "Ah! Buzzanca!". Non mi aveva guardato aveva salutato tutti senza farci caso. "Caro Buzzanca (ride), noi abbiamo un problema comune…" "Ma Onorevole… Eravamo ragazzi! Lei ancora pensa a quella storia? (ride)" "Eh sì, perché quella cosa là…".
Il film era stato bloccato. C'è stato un tentativo di bloccarlo da parte della Democrazia Cristiana o del Governo, ma credo che fosse la DC. Loro pagavano quanto era costato il film ma il produttore pensava di farci molto di più con la sua uscita nelle sale. Io credo che il film abbia incassato tantissimo. Sì, quasi un miliardo e mezzo dell'epoca solo in Italia.
Allora cominciammo a fare questo film, io ero dentro i panni di questo personaggio che mi piaceva moltissimo. Di cose strane che sono successe durante la lavorazione non ce ne sono o almeno io non me ne ricordo.
Parliamo dei rapporti con gli altri attori. Per esempio, c'era Lionel Stander.
Non c'era un rapporto con lui, era molto isolato, se ne stava per i fatti suoi.
Aveva sposato una ragazzina, all'epoca lui aveva già 55/60 anni (era più sui 60 secondo me) e aveva sposato una ragazza di 25 anni, quarant'anni più giovane. Del resto però anche Monicelli sta con una ragazza più giovane di lui di 40 anni, quindi non c'è da allarmarsi. Magari stessi io adesso con una ragazza di 40 anni più giovane (ride)! No, dai… Questa è una battuta…
Con lui comunque non c'era un grosso rapporto. Vedevo che era un grosso professionista, quello sì.
Ah, ecco una cosa che mi dava un po' da pensare sul suo professionismo. Lionel aveva fretta di finire "Giriamo! Giriamo!". Voleva finire, andarsene. Forse era la vicinanza di questa ragazzina (ride) che gli metteva premura, "prescia", come dicevano gli antichi, "prescia".
Era bravissimo, si sa… Certo, niente di eccezionale, non era un grande attore però il personaggio era perfetto.
Però all'inizio non era previsto che il personaggio lo interpretasse lui.
Prima era stato interpellato Gassman per fare il Cardinale e, se non ricordo male, Vittorio rifiutò dicendo che il film gli sembrava volgare.
"Quindi Gassman non ce l'abbiamo?" "Eh no, porco Giuda… Dai Lando, fagli una telefonata tu" "Ma se ha detto di no è inutile che io stia là a pressare" "Dai, prova comunque".
Io provo e mi dicono che non era più a Roma, era andato a Cortina, dove aveva una casa. Lo chiamo quindi lì e mi risponde lui. "Vittorio, scusami se ti disturbo, sono Lando Buzzanca" "Lo immagino perché mi chiami" "Scusami, io non c'entro nulla, ma sai com'è…" "Sì, sì Lando, so tutto…" "So che hai rifiutato ma mi hanno detto di provarci lo stesso. Io lo sto facendo ma sono sicuro che mi dirai di no. So che l'hai trovato volgare" "Non so se è veramente volgare, ma c'è qualcosa che non va….". E non l'ha fatto. Voglio però sottolineare che in un momento successivo, quando non si facevano più tutti questi film, c'era una storia per due personaggi, che era molto più volgare (ride ), molto più volgare del film di Fulci, davvero molto più volgare. Io avevo letto il copione e avevo detto "Io questa cazzata non la faccio" mentre lui lesse il copione e disse "Quale dei due personaggi devo fare?". Per cui è tutto relativo, evidentemente lui in quel periodo faceva tanti film, ne faceva un paio all'anno e gli bastavano. Dopo però si facevano meno film e lui leggendo la sceneggiatura disse subito "Uno dei due personaggi è Buzzanca, l'altro è mio, ma quale?". Io però l'avevo rifiutato e quando mi chiamarono entusiasti dicendo "Lando, Vittorio ha accettato, perché non lo devi fare pure tu?" io risposi "Perché a me non piace". Per dire come andavano le cose…
Poi c'erano un sacco di attori di Teatro, Parmeggiani…
C'era anche il Suo amico Renzo Palmer.
Renzo! Straordinario attore!
Con lui mi trovavo da padreterno. Le mie scene più belle sono probabilmente quelle con lui perché sentivo proprio l'attore. È come quando dopo ho fatto 3 o 4 film con Renzo Montagnani ed io lo volevo in tutti i miei film perché secondo me quando gli attori sono bravi ci si aiuta a vicenda con la bravura. Se ce n'è uno scarso bisogna dargli una mano ma prima bisogna sganciarsi dalla sua mediocrità, è un po' un problema.
Poi c'era Corrado Gaipa.
Gaipa! Grande doppiatore! L'ho fatto riesumare io per doppiare Il Gattopardo.
A quel tempo io doppiavo Serge Reggiani ne "Il Gattopardo" e Salvo Randone rifiutò di doppiare Lancaster dopo un paio di prove. Visconti allora mi fece provare a doppiare Lancaster, io all'epoca avevo 25 anni. Avevo la voce bassa, lui mi chiese di tenerla più bassa che potevo e facemmo una prova e a lui piacque molto. Io allora gli dissi "Don Luchino - lo chiamavo così - proviamo un'altra scena quando serve una voce ancora più bassa". Io però avevo paura, facevo l'attore da 3 anni e ancora non avevo capito bene il meccanismo, perché c'è anche una meccanica nell'attore, non è che c'è solo l'istinto, ci vuole anche la professionalità, il lavoro, il mestiere. Più sai e meglio è.
Feci quindi un secondo provino, una seconda scena bella tosta e lui allora disse "Benissimo! Lancaster lo doppia Buzzanca!". Io mi opposi perché ero sicuro che avrei toppato, qualcosa sarebbe venuta fuori. Dissi che avevo già il mio personaggio ma Visconti mi disse di non preoccuparmi, ché l'avrebbe doppiato un altro. "Don Luchino… Io sono un ragazzo di 25 anni. Prima o poi i miei 25 anni verranno fuori, prima o poi. Lei allora mi manderà a quel paese. Io i "vaffanculo" da Lei non me li piglio. Decida…". Mi ha guardato, ha guardato Mario Maldesi, direttore del doppiaggio - stupendo Mario Maldesi, storico, un uomo straordinario - ha detto un bestemmione e ha chiesto di rivedere tutti i provini fatti fino ad allora. Ecco, rivedendo i provini ha recuperato Gaipa, che era straordinariamente perfetto. Pensa al mio senso del limite, al mio senso professionale, già a 25 anni ce l'avevo già dentro.
Con Gaipa mi sono molto divertito. Gli chiedevo perché era zoppo e lui mi diceva che si era sparato per una donna. Ricordo che gli dicevo "Ma è mai possibile?! Ma conviene ammazzarsi, spararsi per una donna?" "No Lando, non conviene, non conviene" (ride) "Hai visto? Ma lascia perdere, dai!. Io ho avuto molti esempi da questa gente che ha provato sulla propria pelle che cosa significa reagire per uno scontento d'amore. Mi sono sempre tenuto fuori da queste cose. Tu devi imparare da tutti, da tutti quelli che ti circondano. Per proteggerti.
Come andò con Laura Antonelli?
Io avevo già fatto "Il Merlo Maschio" in cui c'era la Antonelli che poi mi seguì qui anche se in fondo era quasi in partecipazione.
Ci fu un episodio un po' grottesco. Erotico-grottesco, diciamo. Mentre giravamo la scena dove la monaca sta facendo l'amore con me e le è rimasta solo la cuffietta in faccia lei non non voleva più girare. "No, Lando, io non giro più!". Sembra che Lucio l'abbia toccata nel sedere (ride). Che Lucio l'abbia potuta toccare nel sedere potrebbe anche essere vero ma non per altro… Chiunque l'avrebbe fatto! Io ero obbligato… Beh… Obbligato… Io avevo il passepartout, la password per toccarla, dal momento che facevamo la scena assieme (ride) ma gli altri non avevano il passaporto! (ride) Ma l'avrei toccata pure io se non avessi avuto il permesso per cui può essere che sia vero. Lei comunque era molto arrabbiata, non voleva più girare, l'ho calmata io, avevo una certa voce in capitolo su di lei in quel periodo.
Sergio D'Offizi mi ha raccontato che la causa scatenante delle tensioni tra la Antonelli e Fulci fu che lui si rivolse a lei in maniera poco signorile invitandola a "tirare fuori le zinne".
Questa forse era una delle cose che alla fine sono sfociate nel fatto che lei non volesse più girare. Ma il fatto è che lei non voleva più girare perché lui le toccò il culo.
In effetti lui aveva un linguaggio così, lo adoperava. Lucio non era molto elegante. Era un uomo di grande cultura, di grande intelligenza. È quello che io cerco in un uomo, in una persona, per rispettarla. Il fatto culturale, l'intelligenza e la professionalità. Poi puoi anche essere un buffone, non me ne frega nulla. Ecco perché lo stimavo e gli volevo bene. Poi c'era anche un debutto. La suorina alla quale metto la mano sul sedere per tutta la notte e sta ferma dicendo giaculatorie… Come si chiamava?
Agostina Belli
Sì, c'era Agostina Belli che dopo fece con me "La Calandria" e anche una cosa in televisione che si chiamava "Vanità".
Poi esce il film e cosa succede?
Esce il film e c'era un casino alla prima… L'iradiddio di gente, tutti i giornali che parlavano di 'sto film…Insomma, è uscito e purtroppo avrebbe incassato ancora di più se non fosse uscito con un mese e mezzo o forse due mesi di ritardo, quasi fuori stagione, uscì a fine aprile. Tutti i giornali ne parlarono, ricordo che i critici scrissero "Buzzanca dimostra anche di saper fare delle imitazioni", ma non era vero. Era facile fare l'imitazione di Colombo, bastavano un paio di occhiali, essere stempiato… Non serviva molto altro. Devo però dire una cosa. Mentre ho apprezzato molto tutta la prima parte del film, la seconda parte non mi piaceva. Secondo me nella seconda parte c'è stato l'intervento della Produzione. Volevano una cosa più divertente. Non hanno capito fino in fondo l'importanza di una satira vera com'è tutta la prima parte. Tutta la prima parte è una satira pura, precisa, intelligente e coraggiosa. Ci sono i servizi segreti che spiano i servizi segreti della Polizia, i servizi segreti di Polizia e Carabinieri spiano i servizi segreti dell'Esercito, Esercito, Polizia e Carabinieri spiano il Vaticano… Insomma, tutte queste cose con in più dei dialoghi straordinari. La seconda parte non mi piaceva proprio, infatti quando lo vedo in tv se riesco vedo solo la prima parte, fino a quando lui va in convento per rinfrancarsi, per guarire.
Si ricorda la lunga sequenza del sogno?
Sì con tutti i sederi… (ride). Come no? Certo che me la ricordo.
Me la ricordo perché mentre giravamo dovevo scoppiarli tutti man mano che li toccavo e c'erano quelli che non volevano scoppiare e allora io cercavo di farli scoppiare con le unghie, con le cose perché erano talmente duri… Ma era una di quelle scene che aveva un significato preciso, onirico, erotico però non mi piaceva molto. C'era un film che fece quasi 3 miliardi e che si chiamava "Il Domestico" dove c'è una scena in cui una ragazzina stuzzica il mio personaggio e ha gli occhi strabici però ogni volta che si fa sesso gli occhi si sistemano. Io odiavo questa scena eppure la gente la adorava ed ogni volta che si parla del film ci si ricorda di questo. Io non posso scegliere, onestamente, perché io scelgo come sceglie Buzzanca e non come sceglie lo spettatore. Non mi piaceva molto quella scena, poi mi sembrava lunga, lunga… Poteva essere più sintetizzata. C'era forse qualcosa… Non c'era stata una realizzazione di questi frutti, che poi erano sederi, in modo che fossero davvero belli, affascinanti, che magari poi arrivi a toccare e… aaahhh…. C'era qualcosa di sbagliato anche da parte mia. Io ero uno che cercava di farli scoppiare, non ero più quello che stava sognando i sederi. Avevo la faccia, perché la faccia era quella, una faccia d'occasione.
Io avevo questo atteggiamento ma non c'era la gioia del sogno perché non c'era la gioia di farlo, perché non era bello, dovevi simulare troppo, era una simulazione eccessiva.
Che ha ricordo ha di Sergio D'Offizi, direttore della fotografia?
È una persona seria e più che un direttore della fotografia sembrava un funzionario per il suo atteggiamento, la paciosità, la calma, la sicurezza. Sembrava quasi un burocrate e faceva delle fotografie straordinarie. Evidentemente aveva tanto assimilato il mestiere che non faceva sforzo, non viveva di sforzi, viveva di sicurezza. Certo, ti dava la sicurezza anche il regista, ne dava anche all'attore.
La fotografia può far risaltare la faccia dell'attore, la può anche far diventare orrenda. Mi fidavo molto di lui, ma ci fidavamo tutti. La troupe era straordinaria. Non ci sono più le troupe di allora, si portavano addosso dei cavi enormi, si portavano i bruti che erano dei proiettori di luce enormi… Ah ecco! C'era un tale soprannominato "Campanella", che aveva un po' il mento alla Totò. Mi ricordo una scena, in esterni. Lui stava su un trapannello con questo enorme proiettore. Il capomacchinista allora disse: "Siete pronti per girare? Sei pronto Campane'?" e lui ha detto "Din don dan" (ride). Per dire… L'umorismo era già nelle troupe! Un attore comico, oltre a cercare dentro se stesso stava sempre a sentire i tecnici che forse erano molto più buffi dell'attore che si esibiva e diceva le cose. Lo spirito umoristico dei lavoratori era molto più diretto. Forse non più colto ma comunque una cosa che arriva prima delle altre fa cultura . Pensa a questo "Sei pronto Campane'?" e risponde "Din don dan" (ride). A me fa ridere ancora, si parla di 35 anni fa. Ecco vedi? La memoria ti restituisce qualche cosa. Meno male, non sono ancora invecchiato… (ride).
Ha qualche ricordo del Suo truccatore Giannetto De Rossi?
Sai perché era stato chiamato Giannetto De Rossi? Perché doveva fare una cosa seria. Lui era già famosissimo ed era sempre in crescendo in quel periodo. Era ancora un ragazzo, eh. C'era bisogno di uno che scegliesse la parrucca giusta, che la sapesse mettere. Non è facile mettere una parrucca nel cinema perché si vede sempre. Io sfido chiunque a vedere la parrucca su di me. Non si vede. L'attaccatura, sembro io, sembrano i miei capelli e invece avevo la parrucca, per la prima volta, sono una volta ho messo la parrucca e proprio in questo film. Non l'ho mai messa anche perché non mi è mai piaciuto truccarmi. Se dovevo avere i capelli ricci preferivo arricciarmi i miei senza mettere una parrucca. Ecco perché era stato chiamato Giannetto De Rossi.
Poi la madre di Giannetto… Io l'ho conosciuta nell' "Homo Eroticus", era caporeparto. Ho conosciuto pure il padre, un uomo alto, robusto, simpatico, con l'aria proprio di un gran mignottaro (ride). Andava a donne, non me lo leva nessuno dalla testa, lo si leggeva nei suoi occhi, la caccia alla femmina ce l'hai negli occhi, ce l'hai stampata in fronte. Invece, a parte qualche collo di camicia alzato che usava un po' per distinguersi o per darsi un po' di tono, Giannetto era molto serio. Innamorato pazzo di quella ragazza (Mirella, che è ancora sua moglie) che era bellissima, mi ricordo ancora che era una ragazzina bellissima. Lui era innamorato e lei era innamorata. Era molto serio, sotto le mani di un truccatore passano decine e decine, forse centinaia, di bellissime donne e di solito si innamorano del truccatore perché il truccatore le fa più belle. La donna è sensibile a queste cose, la donna si innamora di un potere nel maschio, di qualunque tipo di potere, anche il potere del denaro, ma non perché vogliono i soldi per loro ma perché l'uomo è capace di fare il denaro, di avere uno yacht di 150 metri... È perché è capace di truccarti bene, di farti bella. Il potere di farti divertire, di farti commuovere. Un potere, insomma. Non so è ancora così ma penso di sì: Giannetto era serio da ragazzo e lo sarà anche adesso. Un grosso serio professionista e un grosso serio uomo. Me lo ricordo con molta gioia, i suoi occhi belli e intelligenti che aveva, sempre aperti, era attento a tutto.
Parla con nostalgia di quel periodo..
Beh, era un periodo in cui eravamo tutti ragazzi, un periodo stupendo per il cinema perché si facevano 280 film l'anno e poi si facevano i film "miei".
Io firmavo un contratto e nasceva una troupe. Io facevo 3 o 4 film l'anno e si facevano 4 troupes l'anno solo perché io mettevo una firma. Se non mettevo la firma, non nasceva la troupe. Non è che scrivevano i film e poi me li davano; li scrivevano su di me. Per questo era un momento magico anche per me. Per chiunque, responsabile di una cosa in tutto, dal momento dell'idea fino alla creazione. Il cinema era questo per me in quel periodo. Ma anche se le cose non fossero andate così c'era comunque la possibilità di lavorare perché si facevano tanti film. Adesso se ne faranno 60. 30 non escono neppure, tra gli altri 30 ce ne sono al massimo 2 o 3 che possono fare i soldi. È un periodo bruttissimo. Poi però vediamo questi film americani orrendi. Questo lo tagli però che poi gli americani…. (ride). Non si fanno più questi film qui. Uno di quelli era "Indagine Su Un Cittadino Al Di Sopra Di Ogni Sospetto". Oddio, chi era il regista?
Elio Petri
Sì, quello. Ecco, non si fanno più questi film. Sei costretto a vedere i filmetti… Beh, insomma… "costretto"… Il pubblico dovrebbe essere costretto a vedere i film di, come si chiama?, Moretti (fa una smorfia). Dov'è la satira? È una cosa tra di noi… Anzi, tra di loro, tra chi ha le ideologie vecchie, antiche, stalattiti. Idee vecchie, ferme nel tempo, bleah! E continui ancora su 'ste cose? Questo c'è oggi. Ma dove? Mi riferisco a "Il Caimano", naturalmente.
Ma Lei pensa che adesso in Italia sarebbe possibile fare una commedia come "All'Onorevole Piacciono Le Donne"? Una commedia ben scritta, girata ottimamente, con interpreti perfetti e un potenziale satirico così intelligente?
No, no, no…Primo perché non ci sono più gli attori su cui montare un film con la consapevolezza che la gente andrà a vedere quell'attore. C'è gente brava: Dionisi, Boni, poi c'è Castellitto che è il migliore di tutti. Nessuno però oggi va a vedere un film di Castellitto. Non è che vanno al cinema a vedere Castellitto. Se lui fa un bellissimo film lo vanno a vedere ma vanno a vedere il film, non lui. Prima si andava a vedere i film di Sordi, Tognazzi, Gassman, Manfredi, Villaggio, mettendo a parte Totò che faceva un cinema suo e Franchi ed Ingrassia che facevano un altro cinema loro. Si andava anche a vedere i film di Buzzanca. Si andava a vedere l'attore.
I pochi che ora vanno al cinema vanno a vedere il film che appartiene a loro, ai ragazzi che sniffano, che si innamorano, che fanno l'amore per la prima volta, che scoprono l'amore, "Ah che bello"…È come Giulietta e Romeo. Non si parla di come sarebbero se non si fossero ammazzati, poveracci. A 30 anni si sarebbero sputati in faccia (ride). La vita è questa.
Voi attori riuscivate ad improvvisare in questo film oppure avete sempre seguito il copione?
Poco, pochissimo. E poi a me non è mai piaciuto improvvisare. Un film del genere, una satira ironica, ha bisogno di una serietà incredibile e se io mi fossi messo ad inventare le cose mie non sarei più stato Colombo ma sarei stato Buzzanca. Io non ho mai raccontato Buzzanca se non in televisione o magari adesso mentre parlo e racconto queste cose. Questo sono io. Ma nel cinema, nel teatro e nella tv io sono sempre il personaggio e poi mi invento a seconda delle caratterizzazioni come in "Signore e Signora" dove io facevo 3 personaggi, il burino, lo snob con "mi vien che ridere" e poi facevo il borghese, erano 3 caratterizzazioni diverse. Là mi inventavo io, mi inventavo il modo di farlo, inventavo delle battute. Oppure quando ho inventato la maschera che qualcuno ha definito di "Buzzanco, volto sexy e mano al fianco" che era una satira feroce del maschio che è convinto di essere maschio mentre invece è stupido, ignorante, cretino, brutto come la fame, presuntuoso… Insomma, aveva tutti i difetti del mondo. Infatti alla fine c'era sempre chi lo pigliava, lo menava e lo buttava fuori dalla finestra. Quello è un personaggio che mi sono inventato io, allora sì che sono io. Certo, poi qualche battuta ogni tanto la si inventa, spesso viene anche suggerita da uno della troupe.In "Io e Lui" dal romanzo di… di…
Moravia
Sì, io faccio fare la pecora a mia moglie, la vacca, la vaccona, per un gioco erotico e poi le dico "Ma stai zitta tu! Che stai a parlare?" ed uno della troupe, non ricordo più chi, suggerì "Stai sempre a mangiare erba" (ride). Ed io l'ho detta, mi era piaciuta subito. Si acchiappano queste cose, ma non cambiano il personaggio. Se una cosa si adatta bene al personaggio e la si può inventare allora va bene, ma altrimenti non vale la pena, assolutamente no.
Il titolo della prima versione del soggetto del film era "Nel Supremo Interesse Della Nazione". Le piaceva?
Si! Infatti la prima battuta comica è quella. Cominciamo con una battuta straordinaria: "Nel supremo interesse della nazione". Supremo. È un pronunciamento retorico che si trova in tutte le istituzioni, serve ad allargarsi molto.
Anche la parola d'ordine, il fatto di "tastare il meridione" è geniale.
Beh sì. Tasta il meridione perché lui andava per sederi. Mi hanno dato un premio per questo film, una ventina di anni fa e ne hanno presentato un pezzo. C'è la scena in cui io vedo un sedere con una gonna a scacchi, mi avvicino preso dall'infatuazione, dall'emozione. Metto la mano sul sedere, quello si gira ed è uno scozzese. E`stata facile come cosa, però la gente là ride molto e si scalmana nel ridere perché evidentemente oltre alla volgarità del gesto c'è proprio, come dire?, "ma guarda 'st'imbecille di onorevole, che sta per diventare presidente della Repubblica! Cosa va a combinare! Che figura barbina!". Questo viene fuori, però, ripeto, se la seconda parte fosse stata all'altezza della prima parte sarebbe diventato uno dei miei migliori film. Sarebbe diventato un cult veramente.
Adesso tutti diventano cult, pure le "Coscialunga", tutte queste puttanate orrende con queste attrici che altro non sono che amazzoni del bidet. Era terribile, terribile. Allora sarebbe stato un vero cult di satira, di satira politica.
Il titolo completo del film, che nessuno cita mai integralmente, è "Nonostante le apparenze… E Purché La Nazione Non Lo Sappia… All'Onorevole Piacciono Le Donne"…
(ride) Sì! Io credo che sia stato il primo iflm che abbia avuto un titolo così lungo, prima della Wertmuller. Siamo stati noi! Beh, "noi"… Io non c'entro nulla con il titolo. Il primo titolo era "L'Onorevole Piace Alle Donne". Il titolo lungo è giusto, sintetizzava tutto. Non deve saperlo nessuno, infatti tutti lo proteggono. Da quando lui è all'aeroporto per ricevere un ospite importante ed ha l'ambasciatrice vicino e non resiste e le tocca il sedere. Le situazioni erano quelle, nemmeno adesso farebbero una cosa del genere! Non viene in mente una cosa così, non viene in mente! Io dico la verità: non so a chi è venuto il soggetto per questa storia…
È di Ottavio Jemma.
Ottavio? Proprio lui? Straordinario, gli voglio molto bene… Ottavio… Sì, certo, è vero, ricordo… Però ad ispirarlo ero anch'io, sapevano che io potevo fare quel personaggio, che queste storie con me reggevano.
Dopo 35 anni che cosa Le è rimasto di questo film?
Mi è rimasto il piacere di averlo fatto nonostante la seconda parte non mi trovi d'accordo. Poi ho un ricordo di Fulci che incontrai tanti anni dopo in una libreria dove presentava un libro. Lo trovai più vecchio della sua età, non era in forma, era magrissimo, capii che se ne stava andando. Poi è rimasto l'orgoglio di essere stato uno invidiato e messo in discussione da un governo, da un Paese, da un'istituzione. (ride) Ero là io, li avevo tutti addosso. Mi ha danneggiato un po' tutto questo, mi ha danneggiato con i giornalisti di un certo mondo. Era un tipo di democrazia che era molto a sinistra, sai, il compromesso storico… La sinistra mi ha dato molto addosso. Adesso forse tutto questo è superato, ma mi ha dato molto addosso. Non mi ha fatto dormire sogni tranquilli. Certo, io dormivo lo stesso ma un altro non avrebbe fatto sogni tranquilli. Io dormivo lo stesso perché amo il mio mestiere e lo faccio sempre con molto professionismo, dedicandomici… Però mi hanno dato addosso parecchio.
Roma 23 maggio 2005